DIRITTO AD INDENNIZZO ANCHE PER I DANNEGGIATI DA VACCINO CONTRO PAPILLOMA VIRUS

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Angiuli

La Corte Costituzionale, con sentenza additiva n. 181 pubblicata il 26 settembre 2023, ha riconosciuto l’estensibilità del diritto a ricevere un indennizzo dallo Stato anche a tutti i casi di soggetti che abbiano riportato lesioni permanenti ovvero infermità a carattere irreversibile a causa della loro sottoposizione alla vaccinazione contro il papilloma virus.

L’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, riconosce in via generale il diritto ad un indennizzo per tutti i soggetti danneggiati nel corso di campagne di vaccinazioni dichiarate obbligatorie ovvero a causa di trasfusioni e somministrazione di emoderivati.

La sentenza in commento appare in linea con un costante orientamento giurisprudenziale della Consulta che, nel corso degli anni, con dei significativi arresti, ha progressivamente esteso il campo di applicazione di tale diritto anche ad altre campagne di vaccinazioni che, pur non configurandosi come obbligatorie, siano state comunque vivamente raccomandate dalle autorità sanitarie quale utile strumento a difesa della salute collettiva.

In particolare, i giudici della Consulta avevano già ampliato i confini di applicabilità dell’art. 1, legge n. 210 del 1992, riconoscendo col tempo il diritto ad un i2ndennizzo forfetario anche per i soggetti danneggiati dalla loro sottoposizione alla profilassi anti-poliomelitica (sentenza n. 27 del 1998), al vaccino anti-epatite B (sentenza n. 423 del 2000), a quello contro morbillo, parotite e rosolia (sentenza n. 107 del 2012), a quello antinfluenzale (sentenza n. 268 del 2017) e, da ultimo, a quello controllo l’epatite A (sentenza n. 118 del 2020).

La vicenda giunta recentemente al vaglio della Consulta aveva preso vita dal caso di una ragazza dodicenne che, a causa della sua adesione ad una campagna di vaccinazione anti virus HPV promossa dalla Regione Lazio, aveva contratto il diabete (come già accertato in sede giudiziale per mezzo di consulenza tecnica d’ufficio).

Nel caso in questione, era emerso in sede istruttoria che, pur non trattandosi di vaccinazione dichiarata obbligatoria con legge dello Stato, le autorità sanitarie del Lazio avevano indubbiamente esercitato «un’intensa attività di raccomandazione, informazione e sensibilizzazione per l’esecuzione della terapia preventiva dell’infezione da papilloma virus», mirante ad ottenere una copertura superiore all’obiettivo statale del 95 per cento.

Secondo i giudici della Consulta, «tramite la campagna vaccinale l’autorità pubblica fa appello alla autodeterminazione dei singoli (o alla responsabilità genitoriale, ove si tratti di vaccinazioni raccomandate ai minori), ingenerando «negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie» (sentenza n. 118 del 2020). Di conseguenza, in ambito medico, raccomandare e prescrivere finiscono per essere percepite quali azioni «“egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo” (sentenza n. 5 del 2018; nello stesso senso, sentenza n. 137 del 2019), cioè la tutela della salute (anche) collettiva».

Di conseguenza, essendo le campagne di vaccinazione contro il virus HPV comunque finalizzate al perseguimento dell’interesse pubblico alla salute della collettività e rivestendo esse un’attitudine a ingenerare un significativo affidamento nella popolazione, non sarebbe giusto fare gravare integralmente sul singolo individuo le conseguenze di un eventuale danno permanente all’integrità psico-fisica in correlazione accertata ad una vaccinazione meramente raccomandata, giacché ciò andrebbe a ledere i princìpi di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e di uguaglianza rispetto a casi analoghi (art. 3 Cost.) oltre che l’intangibile diritto alla salute del singolo cittadino (art. 32 Cost.).

Pertanto, non apprezzandosi alcuna decisiva diversità qualitativa tra obbligo e raccomandazione di un trattamento sanitario, i giudici della Consulta hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevede il diritto a un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità, da cui sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione contro il contagio da papilloma virus umano (HPV).

Per la sfortunata giovane donna, ora la pronuncia della Corte apre quanto meno le porte all’indennizzo, da ottenersi dinanzi al giudice di merito.

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