IL PROBLEMA DELLA DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE NELLE AZIONI RISARCITORIE PROMOSSE DAI PICCOLI RISPARMIATORI

Commento a cura dell’avv. Giuseppe Angiuli

Il Tribunale Civile di Brindisi, accogliendo una domanda di risarcimento del danno promossa da un piccolo azionista della ex Banca Popolare di Bari (associato allo sportello territoriale ADUSBEF di Monopoli ed assistito dallo studio legale Angiuli), si è espresso sulla delicata questione della decorrenza del termine di prescrizione decennale nelle azioni risarcitorie fondate sulla violazione degli obblighi comportamentali a carico dei soggetti intermediari, derivanti dal d. lgs. n. 58/1998 (cd. T.U.F.) e relativi regolamenti attuativi.

Con sentenza n. 1846/2024, pubblicata il 19/12/2024, l’organismo giudiziario pugliese, nella persona del giudice monocratico dott.ssa Teresa Raimo, dopo avere accertato il grave inadempimento contrattuale della banca convenuta, rilevante ai sensi dell’art. 1453 c.c., con riguardo ai generali obblighi di corretta informazione, profilazione del cliente e valutazione sull’adeguatezza dell’investimento, ha anzitutto precisato che, al fine dell’accoglimento di una domanda risarcitoria promossa da un risparmiatore, non costituisce affatto una pre-condizione essenziale la contestuale pronuncia di risoluzione del contratto-quadro ex art. 23 TUF ovvero di ciascun singolo negozio di compravendita di titoli: sotto tale profilo, infatti, si è opportunamente sottolineata la diversità ontologica tra una domanda di risoluzione contrattuale, la cui conseguenza sanzionatoria è la ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 c.c. ed una domanda di mero accertamento della responsabilità contrattuale da inadempimento, a cui deve far seguito la condanna al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Brindisi ha dunque espresso un primo importante principio di diritto, stabilendo che le due suddette domande giudiziali (quella di risoluzione e quella puramente risarcitoria) possono essere proposte, ai sensi dell’art. 1453 c.c., tanto in modo congiunto e connesso quanto in modo disgiunto e indipendente, stante la potenziale autonomia delle stesse ed atteso il riscontro letterale di cui all’art. 1453 c.c., che al suo primo comma così recita: «Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno».

Sul punto, il Tribunale pugliese è apparso allinearsi ad un orientamento della giurisprudenza di legittimità, bene espresso da Cass. civ., sent. n. 23820/2010, secondo cui «la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché l’art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l’azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell’azione di risoluzione del contratto, con la conseguenza che non può ritenersi implicita nella proposizione della domanda risarcitoria quella, autonoma, di risoluzione del contratto».

Una volta messa a fuoco la diversità ontologica delle due tipologie di domande, il giudice messapico ha poi chiarito che, mentre ai fini dell’interruzione della prescrizione dell’azione di risoluzione del contratto è sempre indispensabile introdurre un contenzioso in sede giudiziale, non altrettanto può affermarsi a proposito della domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la quale ben può risultare efficace anche un semplice atto stragiudiziale di costituzione in mora, rilevante ai sensi dell’art. 2943 c.c.

Ma il vero cuore della pronuncia in commento attiene alla messa a fuoco del diverso dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione decennale nelle azioni contrattuali a disposizione del risparmiatore che si senta leso dal comportamento inadempiente del soggetto intermediario e che, in tutti i casi come quello di specie, ad avviso del Tribunale brindisino, debbono essere sempre sussunte nell’alveo della responsabilità contrattuale ex artt. 1218 e 1453 c.c., non residuando invero «alcuno spazio per la responsabilità precontrattuale invocata da parte attrice, in quanto l’inadempimento addebitato alla Banca non riguarda un obbligo precontrattuale, fondato sulla buona fede prenegoziale, ma riguarda un obbligo contrattuale (…) secondo il noto arresto delle Sezioni Unite n. 26724/2007».

Ebbene, sotto il profilo di cui all’art. 2935 del codice civile, secondo il Tribunale di Brindisi, mentre la prescrizione del diritto alla risoluzione del contratto (e del conseguente diritto alla restituzione dell’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.) comincia a decorrere dal giorno in cui in cui si è verificato l’inadempimento rilevante ai fini della risoluzione («giorno che, nel caso di specie, coincide con quello di sottoscrizione dei singoli ordini di acquisto delle azioni BPB non preceduti dalla necessaria informazione prescritta»), la stessa cosa non può dirsi per la distinta domanda di risarcimento del danno da inadempimento negoziale.

A proposito di quest’ultima, infatti, il giudice messapico ha affermato il seguente principio di diritto: «La prescrizione del diritto al risarcimento del danno contrattuale comincia a decorrere dal giorno in cui il danneggiato ha avuto contezza del danno patito, essendo necessario al fine del perfezionamento di tale diritto non solo il danno-evento, ossia l’inadempimento, ma anche il danno-conseguenza, ossia il pregiudizio patrimoniale subito. In questa prospettiva rileva, dunque, il momento in cui il danno viene a manifestarsi oggettivamente nella sfera patrimoniale del danneggiato, divenendo percepibile e riconoscibile come tale sì da legittimare l’avvio del termine di prescrizione».

A specifico proposito dei rimedi giurisdizionali a disposizione dei titolari di azioni emesse dall’organismo finanziario barese, il Tribunale di Brindisi ha dunque scelto di individuare il dies a quo rilevante per la decorrenza della prescrizione decennale nel «momento a partire dal quale l’investitore ha potuto avere contezza del danno patito» ovverosia con la data dell’8 luglio 2015, a cui risale l’ultima negoziazione di titoli azionari nel mercato interno dei soci della banca pugliese. In alternativa, detto momento può collocarsi, più genericamente, «nella seconda metà del 2015, quando si è reso palese il rischio reale dell’azione BPB come medio alto e la sua illiquidità e la difficoltà di scambiare le azioni BPB sul mercato mobiliare».

Nell’affermazione del suddetto principio, il giudice brindisino si è richiamato esplicitamente ad un orientamento già delineatosi, in questi ultimi anni, sia nella giurisprudenza di merito che in quella di legittimità, con specifico riguardo alla tutela dei risparmiatori coinvolti in episodi di improvviso azzeramento del valore dei propri titoli di investimento.

In particolare, è d’uopo richiamare un importante arresto della Cassazione civile, dato con ordinanza della I^ sezione, n. 2066 del 24/1/2023, in tema di obbligazioni emesse dal Governo della Repubblica Argentina, ove gli ermellini hanno chiarito che «in ambito di intermediazione finanziaria, ai fini dell’esercizio dell’azione risarcitoria per inadempimento degli obblighi formativi, la prescrizione non decorre dal momento in cui viene impartito l’ordine d’acquisto dei titoli, bensì da quello in cui si manifesta in concreto il pregiudizio patrimoniale, ossia la conseguenza dannosa rappresentata dalla perdita patrimoniale sofferta».

Con specifico riguardo alla vicenda delle azioni della Banca Popolare di Bari, si segnalano in questi ultimi tempi delle pronunce di analogo segno, anch’esse richiamate nella pronuncia in commento, quali: Tribunale di Bergamo, 6 maggio 2022, sentenza n. 1096; Tribunale di Cosenza, sentenza del 25/11/2023; Tribunale di Bari (giudice Napoliello), sentenza n. 2146 del 9/5/2024.

Quanto alla giurisprudenza di legittimità, va evidenziato che la Suprema Corte appare da tempo sintonizzata col principio in discorso, avendo più volte sentenziato che in tema di danno contrattuale – al fine di determinare il dies a quo della prescrizione – occorre sempre verificare «il momento in cui si sia prodotto nella sfera patrimoniale del creditore il danno causato dal colpevole inadempimento» del debitore (così Cass. civ., 5 aprile 2012, n. 5504), chiarendo altresì che «la prescrizione dell’azione di responsabilità contrattuale non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del danno di cui si chiede il risarcimento» (cfr. Cass. civ., 5 dicembre 2011, n. 26020; conformi, ex multis, Cass. civ., 11 settembre 2007, n. 19022; Cass. civ., 29 agosto 2003, n. 12266).

Pertanto, anche volendo allargare lo sguardo sulla problematica della decorrenza della prescrizione aldilà dei ristretti confini della materia dell’intermediazione finanziaria e dello stesso ambito della responsabilità contrattuale da inadempimento, risulta viepiù corretto e decisivo muoversi sulla falsariga delle elaborazioni formulate in un paio di interventi delle sezioni unite della Corte di Cassazione nel 2008, che hanno risolto la problematica dell’exordium praescriptionis in ipotesi di fatto dannoso lungolatente (quale è senza dubbio l’acquisto incauto di strumenti finanziari inadeguati al profilo dell’investitore e che, in molti casi, manifestano il loro carattere pregiudizievole anche ad una significativa distanza di tempo dal loro acquisto), delineando la cosiddetta teoria della rapportabilità causale.

Secondo tale teoria, generalmente applicabile a tutti i tipi di azione risarcitoria (e cioè sia a quelle discendenti da responsabilità contrattuale che a quelle connesse ad un illecito aquiliano ex art. 2043 c.c.), il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione non può che coincidere unicamente col momento in cui il danneggiato ha avuto la piena conoscenza del fatto lesivo giuridicamente rilevante ai fini della configurazione della responsabilità risarcitoria (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. 11 gennaio 2008, n. 576, Volpe c. Usl 42 Napoli, pubbl. in Giust. civ., 2009, I, 2533; conforme, sent. 11 gennaio 2008, n. 583, Mattiello c. Min. Salute, pubbl. in Foro it., Repertorio: 2008, voce Prescrizione e decadenza [5110], n. 72).

Peraltro, quasi in coincidenza con la pubblicazione della sentenza in commento, si è segnalato un nuovo duplice arresto della I^ sezione civile della Suprema Corte di Cassazione che rafforza ancora di più l’orientamento in esame, a proposito della corretta individuazione della decorrenza iniziale del termine di prescrizione, ai sensi dell’art. 2935 c.c.

Difatti, con due sentenze «gemelle» emesse dalla prima sezione civile ed aventi lo stesso consigliere relatore nella persona del giudice Eduardo Campese (n. 32226 e n. 32227 del 12 dicembre 2024), la Corte nomofilattica ha da ultima confermato e ribadito come «a dover essere risarcito non è l’evento di danno in sé (ossia il fatto e/o la condotta, magari anche omissiva, dannosi come accadimento naturale), bensì il danno che si esteriorizza e cioè allorquando diviene “oggettivamente percepibile e riconoscibile”».

Quel che è certo è che l’orientamento giurisprudenziale di cui si è dato conto nel presente articolo appare rilevante per il notevole impatto che esso potrebbe avere sul voluminoso contenzioso che vede contrapposti, nell’attuale periodo storico, i numerosi piccoli investitori loro malgrado coinvolti in vicende di «risparmio tradito» e le banche che nel recente passato hanno incautamente diffuso titoli di investimento rischiosi nelle mani della clientela non professionale.

Al contempo, si deve dare conto di un orientamento di segno opposto a quello oggi in commento, da parte dell’organismo arbitrale per le controversie finanziarie (A.C.F.), attivo da qualche anno presso la Consob e che si è segnalato per la tanto pervicace quanto lapidaria affermazione del principio per cui il termine di prescrizione decennale delle azioni a tutela della responsabilità contrattuale, nella materia che ci occupa, andrebbe sempre a coincidere, puramente e semplicemente, con il giorno a cui risale l’acquisto dei titoli da parte del risparmiatore/investitore.

Da ultimo, la pronuncia del Tribunale di Brindisi n. 1846 del 2024 si segnala pure per l’affermazione di altri importanti principi giuridici, anch’essi di sicuro e rilevante impatto e che possono dare luogo a delle dispute interpretative di segno per nulla univoco.

Dapprima, il giudice messapico ha ritenuto di liquidare, nel computo del danno a vantaggio del risparmiatore pugliese, oltre alla sorte capitale investita nelle azioni Banca Popolare di Bari, anche «gli interessi legali al saggio maggiorato di cui all’art. 1284, comma 4, c.c. a far data dalla proposizione della domanda giudiziale», ritenendo che i c.d. «super interessi» al saggio maggiorato di cui alla disciplina sul ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali (d. lgs. n. 231/2002) ben possano applicarsi a tutte le obbligazioni pecuniarie, quale che sia la fonte ex art. 1173 c.c., come sembrerebbe essere stato implicitamente affermato in un recente obiter dictum delle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. sentenza 7 maggio 2024, n. 12449).

Infine, lo stesso giudice del Tribunale di Brindisi ha ritenuto cumulabile, con gli interessi al suddetto saggio maggiorato, anche il maggior danno da rivalutazione monetaria, «in ragione della diversa funzione che i due istituti svolgono e della definitiva natura di liquidazione forfettaria del lucro cessante assunta dalla seconda nelle obbligazioni pecuniarie».

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